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Il Racconto di Natale. La vera storia di Mira e Passa la Palla

Seguo con assiduità partite e allenamenti dei ragazzi. Un aspetto che mi colpisce, e mi fa riflettere, del loro modo di giocare, è la ricerca esasperate della soluzione individuale. A volte mi chiedo se questo è un loro limite o se a dodici anni è normale che sia così. Come abitualmente faccio per capire mio figlio cerco di ricordare com’ero alla loro età. A questo punto mi rendo conto di aver toccato un argomento a mio sfavore, i maligni che mi conoscono da sempre avranno sicuramente iniziato a ridere o a commentare – ti ricordi quando … - Lasciamo stare è meglio.  Forte era il desiderio di emergere e l’istinto animale , il ragionare ancora una luce lontana. Forse troppo poetico e sul termine ragionare credo di avere ancora esposto il fianco alle lance dei nemici, ma andiamo avanti. Parlando di Basket, il passaggio era all’ora come oggi l’ultima soluzione , quella della disperazione, quando proprio non si poteva fare più nulla. L’istinto animale non indirizzava mai quell’atto di obbligato altruismo verso il compagno libero magari sotto canestro; solo chi veniva ritenuto forte e all’altezza della situazione poteva giovarsi di tanta generosità, magari anche l’amico del cuore, ma mai altri. Con il trascorrere del tempo e con il lavoro del nostro allenatore riuscimmo a diventare una Squadra. Nel tentativo di favorire questo processo di cambiamento vi voglio raccontare La Vera Storia di Mira e di Passa La Palla. Passa la Palla era un ragazzino del mio quartiere famoso per due cose : il bar gelateria di sua madre ed il suo grande egoismo. Il suo vero nome non lo conosceva nessuno, per tutti era Passa la Palla. I nostri pomeriggi li trascorrevamo a giocare a basket in un campetto all’aperto fino a quando non diventava buio o veniva la mamma a prenderci per un orecchio. Erano partite interminabili da risultati impensabili : 125.000 a 124.999 ! A causa della loro durata, le squadre mutavano di ora in ora, giocatori più o meno dotati di tutte le età e di tutte le forme si alternavano all’inseguimento del pallone. La madre di Passa la Palla era occupata tutto il giorno con il bar e per questo motivo Passa la Palla era uno dei pochi a disputare l’intera sfida, arrivava per primo e se ne andava per ultimo. Il suo concetto di pallacanestro si riassumeva tutto nel dammi la palla che ci penso io e se tu gliela davi, non la rivedevi più! Iniziava già a dire passa la palla quando scendeva le scale di casa e andava avanti senza mai smettere per tutta la partita. Ore e ore di – passa la palla, passa la palla – un supplizio! Questo era probabilmente il motivo del suo nome e del fatto che non avesse molti amici. A dire il vero di amici non ne aveva proprio a parte alcuni opportunisti. Dovete sapere che i gelati del bar della mamma di Passa la Palla erano i più buoni del mondo, avevano un unico difetto, dato che la mamma di Passa la Palla era come il figlio, quei gelati erano piccoli piccoli e gli unici che potevano godere del privilegio di mangiare le Super Coppe, erano proprio gli amici opportunisti! Io e gli altri ragazzi tutte le volte che ci recavamo al campo da basket, nella speranza almeno per una volta di non trovare Passa la Palla, pensavamo intensamente a lui e per tutto il tragitto pregavamo: - Signore fai che abbia la febbre, Signore fai che abbia la febbre – Ma le nostre preghiere non venivano mai ascoltate. Passa la palla era sempre lì che ci aspettava , non si ammalava mai, nemmeno un raffreddore ! Un giorno però accadde una cosa straordinaria. Passa la Palla aveva iniziato uno dei suoi estenuanti dribbling da circa dieci minuti; aveva scartato tutti più volte compreso una signora con il passeggino, un pensionato che prendeva il sole seduto su di una panchina e il prete che stava passando per andare a benedire le case, quando a causa di una stringa slacciata cadde a terra e perse il pallone! Come per magia tutto il mondo si fermò, stava per accadere qualcosa di miracoloso che mai mente umana avrebbe potuto dimenticare. Gli uccelli smisero di cantare, i cani di abbaiare,il sole si oscurò. In quell’atmosfera surreale tutti i presenti rimasero impietriti con la bocca spalancata a seguire quella palla che lentamente balzellando se ne andava verso il canestro dove in totale solitudine se ne stava con le dita nel naso Mira. Mira era un bambino basso e grassottello così sopranominato per il suo tiro infallibile . Come Passa la Palla non aveva mai fatto un passaggio Mira non aveva mai fatto un canestro. Ma quello era un giorno speciale e le cose sarebbero andate in modo diverso! La palla balzellante arrivò pigramente tra le mani di Mira. Mira non ci pensò un attimo e sparò uno dei suoi tiri. La palla scomparve nel cielo e quando dopo alcuni minuti tornò sulla terra rimbalzò per dodici volte sul ferro girò dentro al cerchio per poi finire il tormentato viaggio dentro alla retina. Canestro! Incredibile. Il silenzio, come per incanto, venne interrotto da quell’evento eccezionale e fu così che iniziò la festa. C’era chi abbracciava Mira chi Passa la Palla, chi piangeva chi rideva. Mira e Passa la Palla furono portati in trionfo per il quartiere fino a tarda ora. Da quella sera tutto cambiò e nulla fu più come prima! Anzi no, una cosa rimase la stessa: i gelati fatti dalla mamma di Passa la Palla, buoni buoni ma piccoli piccoli. Questa storia è una storia vera, è la storia di Mira e di Passa la Palla, forse il tempo o la mia mente possono avere modificato" qualche particolare" , ma non il suo significato;
un passaggio, anche se a riceverlo è un compagno come Mira, può diventare un momento fantastico, forse più appagante di un mirabolante canestro. F.M. -

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